Raccogliere gli articoli pubblicati su “Chichibìo” in dieci anni di direzione riproduce un “come eravamo” (prima persona plurale) e un “come siamo”, e il confronto fra i due “come” disegna una traiettoria e obbliga a fare i conti con il futuro.
Per una esigenza di verità, non privata ma sociale, è stata esclusa ogni ipotesi di “montaggio”. Questo non è un “Canzoniere”, sapientemente costruito da un regista attento alle inclusioni e alle esclusioni, alla calibratura di toni e mezzi toni, ma un diario in pubblico, con tutti i limiti e i pregi che il genere diari stico comporta.
Gli articoli qui ristampati con minimi interventi correttori seguono la più antica e ingenua delle logiche narrative, quella annalistica, e non hanno l’ambizione di innalzare a “Chichibìo” – meno che mai a uno dei suoi direttori – una statua equestre, una di quelle statue che appassiscono nei parchi e che sembrano votate ad sempre all’oblio, ma di fotografare un panorama, di evocare una stagione di impegno, parola che dopo i fasti di qualche decennio fa sembra oggi condannata alla desuetudine. In questo impegno c’è posto per gli sbagli, come per lo sdegno, la generosità e la passione, tutti ben mescolati: toccherà ai lettori dipanare la matassa giudicare.