Il romanzo italiano del Novecento conosce una svolta tra la fine degli anni Venti e l’inizio degli anni Trenta; ed è un’opera in particolare a segnare questo passaggio: Gli indifferenti di Alberto Moravia, che di fatto apre alla stagione del “neorealismo”, che proseguirà fino ai primi anni Sessanta.
Moravia e tutta la sua generazione (Brancati, Silone, Cialente, de Céspedes, Soldati, Vittorini, Silone ecc.) fanno proprie le conquiste del modernismo, ossia una certa dimestichezza con l’inconscio, la frattura tra pensiero e azione, un relativismo diffuso, ma al tempo stesso riconquistano la leggibilità del testo e reintroducono all’interno delle loro narrazioni la realtà concreta e la linearità della trama.
È uno snodo decisivo, che non può essere etichettato solo come frattura, ma che implica anche una certa evoluzione: continuità e discontinuità infatti sono i due opposti elementi che contraddistinguono questo passaggio.
Gli indifferenti di Moravia è il romanzo che meglio testimonia il cambio di rotta avvenuto alla fine degli anni Venti: cercare di capirne le dinamiche, le cause e i punti d’approdo è stato l’obiettivo di questo volume.